en-Gabriele Vecchione, RIMANI O VAI VIA? Il desiderio di Giuseppe, EFFATÀ EDITRICE
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Papa Francesco, con la Lettera apostolica "Patris corde - Con cuore di Padre", in occasione del 150.mo anniversario della proclamazione di San Giuseppe come Patrono della Chiesa universale, ha indetto "L' Anno di San Giuseppe", dall'8 dicembre 2020 fino all'8 dicembre 2021.
In questo anno di riflessione dedicato a San Giuseppe vogliamo proporre ai nostri lettori un libro, "Rimani o vai via?", che ci invita a meditare sulla straordinaria figura del santo Patriarca.
Abbiamo chiesto a Padre Gabriele Vecchione, autore del volume, di rispondere ad alcune domande. Lo ringraziamo per la sua gentilezza e disponibilità.
Rimani o vai via? Il desiderio di Giuseppe
Gabriele Vecchione
Effata' Editrice
Quante volte nella vita, in momenti difficili, in cui non ci sembrava trovare uno sbocco, ci siamo detti questa frase: "Vado via!".
Giuseppe di Nazareth, lo sposo di Maria Vergine, si è trovato proprio in uno di questi momenti, dove doveva scegliere, come dice espressamente Gabriele Vecchione, l'autore di questo testo, se rimanere o andare via.
Giuseppe, dopo una scelta tormentata, ha deciso di rimanere e di non andare via, di restare accanto, di amare, di proteggere, custodire e accudire la sua amatissima sposa, anche contro ogni logica umana.
Giuseppe ha deciso di ascoltare, di entrare nell'ottica di Dio, anche quando i suoi pensieri non sono i nostri pensieri, le sue vie non sono le nostre vie, come ci ricorda il profeta Isaia (cf. Is 55,8).
Quando ho iniziato a leggere le prime pagine del libro "Rimani o vai via?" di Padre Gabriele Vecchione ho capito subito che l'autore del testo voleva raccontare le vicende di Giuseppe di Nazareth con uno schema un po' diverso, rompendo appunto gli schemi.
"La sobrietà della narrazione evangelica non ci dice in che razza di crisi Giuseppe dovette piombare quando Maria gli annunciò la gravidanza "Per opera dello Spirito Santo" (Mt 1,18). (Gabriele Vecchione, Rimani o vai via?, EFFATA' EDITRICE, p.9)
"Forse abbiamo interpretato così questi due sposi, molto pii e poco innamorati". (Op. cit., p.10)
"Ma se quest'uomo, invece, avesse provato per Maria un amore in grado di attraversare e superare la crisi? Ma se quest'uomo, invece avesse percepito come autentica la vocazione a essere padre?". (Op. cit., p.11)
Julius Frank, La Sacra Famiglia
INTERVISTA
Gent.mo Padre Gabriele, spesso sentiamo parlare di Giuseppe come un "uomo giusto". In che cosa è consistita questa sua giustizia e perché viene definito tale?
Noi spesso pensiamo che un uomo giusto - così il vangelo di Matteo definisce Giuseppe - sia semplicemente un uomo inflessibile nell'applicazione delle norme. Siamo spesso tentati di tornare al positivismo giuridico, cioè a quella filosofia del diritto per la quale una norma è valida in sé, in quanto posta in essere. Ma non è così, perché spesso si dà la fattispecie della non coincidenza tra giustizia e legalità. Summum ius, summa iniuria, dicevano i latini. Un uomo giusto è uno che continuamente compie questo essenziale discernimento, che penetra nella ratio della legge e non si ferma alla sua lettera. Giuseppe, se avesse applicato inflessibilmente la legge, avrebbe dovuto denunciare e far condannare Maria (cfr. Lv 20,10). Ma, rispetto alla legge di Mosè, davanti a una creatura, Giuseppe fa obiezione di coscienza, come farà suo figlio quando chiederà: "È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?" (Lc 6,9).
Padre Gabriele Lei in questo libro parla delle coppie di sposi, delle loro crisi e dei loro momenti di ripresa. Che cosa possono dire gli sposi Giuseppe e Maria alle coppie di sposi di oggi?
Nel bel mezzo della Sacra Famiglia c'è la crisi. Giuseppe - dice il vangelo di Matteo - pensa di ripudiare in segreto Maria. Già togliere Giuseppe e Maria da un'immaginazione alata, astratta, baroccheggiante e sapere che abbiano vissuto dinamiche simili a quelle di molti sposi può essere consolante. Inoltre non dev'essere stato propriamente facile affrontare la riprovazione dei correligionari, emigrare in Egitto, ripartire da zero con il lavoro. Non esiste un matrimonio senza il dolore, senza la malattia: lo dice espressamente la formula liturgica del matrimonio. Giuseppe è un artigiano, lavora il legno grezzo e lo deve poi intarsiare e decorare, è uno abituato a concentrarsi sulla bellezza. Dunque quello che è importante, fondamentale direi, per le coppie è non focalizzarsi sulle disfunzioni, sui difetti, sulle negatività, ma concentrarsi sulla bellezza della loro unione e lasciare che questa bellezza - che sicuramente c'è - si espanda. E anche prendersi pazientemente cura della coppia; come un artigiano non può produrre tutto e subito, ma deve impiegare molto tempo per i suoi lavori, così la manutenzione dell'amore di coppia richiede un lavoro quotidiano. Facciamo le revisioni delle automobili, le manutenzioni dei beni immobiliari, gli esami del sangue, ma spesso non ci si cura dell'amore, come se esso potesse essere affidato all'istinto o alla casualità. Suggerisco spesso alle coppie di sposi di chiedersi ogni giorno: "Come stai?" e: "Ti ho ferito?". Il dialogo accorcia sempre le distanze.
Per Giuseppe non è stato facile essere il Padre di questo bambino speciale. Secondo Lei che tipo di padre è stato il falegname di Nazareth per Gesù, il Figlio di Dio?
Sicuramente Giuseppe ha protetto Gesù quand'era indifeso e poi lo ha introdotto nella fede di Israele. Hanno sicuramente pregato assieme, parlato, lavorato. Amo molto un passaggio del libro di Erri De Luca, La faccia delle nuvole, allorché scrive che Gesù ha imparato in famiglia a non condannare le adultere. Inoltre, ritengo che per l'umanità di Gesù sia valso quello che vale per tutti noi: formarsi l'idea del Padre alla luce del proprio padre terreno.
Oggi la nostra società vive quasi l'eclisse della figura del Padre. Che cosa può dire Giuseppe ai padri di oggi?
Sicuramente di non farsi ingannare e dominare dalla paura di essere inadeguati. Ogni padre è insostituibile, preziosissimo. Il padre è lo sguardo d'amore che ti permette di rialzarti quando cadi. Il padre è il confine che ti protegge. Il padre è la parola che ti individua e ti salva dall'anonimato. Se Giuseppe si fosse lasciato spaventare dalla sua inadeguatezza, probabilmente avrebbe detto di no alla sua missione, avrebbe abdicato al suo ruolo. I padri non devono chiedere il permesso ai figli di fare i padri. E, se hanno sbagliato e hanno perso la fiducia dei figli, possono riparare gli errori, con umiltà, con creatività. Giuseppe è anche il patrono dei padri spirituali, di coloro che sono chiamati da una parte a raffigurare la misericordia di Dio e dall'altra a rendersi sempre meno indispensabili. Mi piace pensare che Giuseppe possa insegnare ai padri spirituali a rispettare la coscienza e l'autonomia dei figli spirituali, credendo fermamente che nella coscienza di costoro si possa far ascoltare direttamente la voce del Verbo.
Lei scrive (pg. 61) che l'obiettivo di ogni opera educativa dovrebbe essere l'autonomia. Giuseppe e Maria hanno sperimentato, ma anche guidato, questa autonomia di Gesù, soprattutto quando il ragazzo è rimasto a Gerusalemme per tre giorni.
Gesù, dopo che Giuseppe e Maria lo hanno ritrovato nel tempio, risponde alla loro angoscia con queste parole: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?" (Lc 2,49).
Lei scrive ancora: "Gesù penserà sempre se stesso come un figlio". (Op. cit., p. 62)
Il rapporto tra Gesù e suo Padre, il Padre che è nei cieli, è unico e irripetibile, ma egli coltiva anche un altro rapporto con un padre terreno, che non ha mai risparmiato nulla nella sua vita pur di stare vicino a Maria e a Gesù. Secondo lei come è stato interpretato, da parte di Gesù, il suo essere figlio di Giuseppe e l'essere anche figlio di Dio?
Mi si chiede qui quasi un'operazione mistica, ovverosia penetrare nel cuore del Figlio. Mi fa bene pensare spesso che Gesù sia morto non da orfano, ma da figlio. Non abbandonato, ma amato fino alla fine. Quante volte Gesù si sarà addormentato in braccio a Giuseppe? E Gesù sulla croce si rivolge sempre al Padre. Alla fine della vita può aver attinto al bagaglio di tenerezza preparato nell'infanzia. Gesù si è addormentato tra le braccia del Padre: "Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito" (Lc 23, 46).
Lei scrive che Giuseppe oltre ad essere giusto era soprattutto anche un uomo:
"Giuseppe era un uomo perché ha ripetutamente contattato il suo vuoto. Giuseppe lo ha fatto quando ha scelto di continuare ad amare Maria". (pag. 81)
Può approfondire questo concetto e questa caratteristica dell'umanità di Giuseppe?
In un tempo di riformulazioni antropologiche, siamo a corto di rappresentazioni e di narrazioni sulla virilità. Pensiamo spesso che un uomo virile sia un macho, un uomo che non deve chiedere mai, autosufficiente, che non si mostra mai debole. Giuseppe ci mostra, invece, che l'introspezione, la riflessione, il contatto con sé stessi e con la propria debolezza sono a pieno titolo caratteristiche fondanti della virilità. È virile non chi spadroneggia, ma chi protegge; è virile non chi contrabbanda un'immagine risoluta di sé, ma chi conosce i suoi limiti. È virile chi non preferisce il consenso alla verità e alla giustizia.
Nel suo testo (pag. 85) lei cita San Luigi Guanella, un prete Lombardo, che ebbe l'intuizione di fondare la Pia Unione del transito di San Giuseppe.
La Pia Unione ha il compito, come egli stesso dice, "di divulgare, promuovere e dilatare nel mondo il culto di San Giuseppe".
Perché oggi abbiamo bisogno, nella Chiesa e nel mondo, di un culto a San Giuseppe? E che cos'è la buona morte, specialmente per un cristiano, di cui questo santo è il patrono?
Abbiamo bisogno del culto di San Giuseppe per imparare a rapportarci correttamente con la Legge, per imparare a fare discernimento ascoltando la voce dell'angelo, per imparare che ogni crisi si può attraversare.
La buona morte, di cui Giuseppe è il patrono perché morì assistito da Gesù e da Maria, è una morte preparata, accompagnata dai sacramenti, non angosciata. Noi siamo una società analgesica, abbiamo un antidolorifico per tutto, ma dovremmo integrare la morte nella nostra preghiera e prepararci a questo momento così importante con tre domande: ho ringraziato Dio e tutti quelli che mi hanno fatto del bene? Ho chiesto scusa per i miei peccati e per i miei errori? Ho dichiarato l'amore o mi sono lasciato dominare da un pudore eccessivo? E non dovremmo neanche tralasciare di sistemare in vita gli aspetti patrimoniali e di scrivere di fare anche delle elemosine con la nostra eredità. Integrare la morte nella propria vita spirituale è anche un ottimo modo per fare discernimento senza illudersi.
"Rimani o vai via?" è un libro che parla di Giuseppe di Nazareth, ma parla anche della figura del padre e del suo ruolo all'interno delle famiglie e della società.
Gent.mo Padre Gabriele le debbo dire con franchezza che la lettura del suo testo mi ha permesso di riflettere di più e meglio sulla figura di Giuseppe, soprattutto ho trovato grande giovamento dalla lettura che lei fa della vita di questo grande personaggio, con le sue varie angolature e sfaccettature.
Grazie per questo lavoro che consegna ai suoi lettori!
Rimani o vai via? Il desiderio di Giuseppe
Autore: Gabriele Vecchione
Anno: 2021
Pagine: 96
Valutazione:☼ ☼ ☼ ☼ ☼
Collana: Il respiro dell'anima.
Argomento: coppia, fidanzamento, fidanzati, figli, Maria, matrimonio, paternità, sacra famiglia, san Giuseppe, sposi.
Casa Editrice: EFFATÀ EDITRICE
ISBN: 9788869297434
Prezzo di copertina:
COMPRA LIBRO + EBOOK (GRATIS) A € 10,00
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GABRIELE VECCHIONE
È nato a Roma il 2 maggio 1988. Dopo essersi diplomato al liceo classico Cornelio Tacito, ha conseguito la laurea triennale in Scienze Politiche all'università di Roma Tre. Nel 2010 è entrato nel Pontificio Seminario Romano Maggiore. Nel 2013 ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Politiche. Il 7 maggio 2017 è stato ordinato presbitero da papa Francesco. Il suo primo incarico è stato da viceparroco nella Parrocchia San Carlo da Sezze a Roma. Dopo pochi mesi è stato trasferito nella Parrocchia Nostra Signora di Lourdes a Tor Marancia. Qui svolge il suo ministero tutt'oggi. Nel settembre 2018 ha conseguito la licenza in Teologia dogmatica alla Pontificia Università Gregoriana. È dottorando nella medesima università.
Fonte: https://editrice.effata.it/libro/9788869297434/rimani-o-vai-via-ebook/
COMMENTI:
Pina, 26/10/2021
Molto interessante la tua intervista e, penso il libro. Ciao.
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