en-Rosario Livatino, modello di Legalità per i giovani e gli studenti
Il giudice Rosario Livatino è stato un uomo dello Stato, egli ha rappresentato le Istituzioni, ma anche un uomo di Dio. È per questo che viene raffigurato con in mano il Codice Penale e il Vangelo, che ha orientato il suo cammino di magistrato e di credente. Tuttavia, la sua vita è riconducibile a quel mistero che Gesù stesso ha abbracciato, la croce. La sua morte, infatti, è stata anch'essa un sacrificio in nome della giustizia, della verità e per il bene del mondo intero.
(foto: Rosario Angelo Livatino - Maria Cardella, olio su tela 80 x 100 - 2021 - Agrigento, Palazzo Arcivescovile)
di Francesco Domina e Anna C.©
Insegnanti e Scrittori
Si occupano di Teologia, Religioni, Letteratura, Tecnologia...
Agiografia (lo studio della vita, del culto e delle opere dei Santi)
Proprietà letteraria riservata:
La legalità è prima di tutto un fatto culturale; la legalità genera santità.
Una figura emblematica che manifesta tale grandezza e la rende attuabile nel vissuto quotidiano è stata proprio quella del giudice Rosario Angelo Livatino, proclamato Beato dalla Chiesa cattolica il 9 maggio 2021 e la cui memoria liturgica ricorre il 29 di ottobre.
Quale modo migliore di poter trasmettere questa cultura della legalità se non attraverso le aule scolastiche, permettendo ai giovani di conoscere il sacrificio di Rosario Livatino, magistrato impegnato contro la lotta all'ingiustizia e alla criminalità organizzata?
Il 21 settembre, infatti, ricorre l'anniversario del suo omicidio e sembra necessario e doveroso ricordare un giorno che racchiude in sé una grande valenza simbolica.
Era il 21 settembre del 1990 quando il giudice Rosario Livatino veniva ucciso dalla mafia.
Quel giorno, come suo solito, il magistrato era partito da Canicattì, la sua città natale, che si trova nella provincia di Agrigento. Egli viaggiava da solo, senza scorta, sulla sua Ford Fiesta rossa amaranto quando, prima di arrivare al tribunale di Agrigento, fu assalito da un commando di sicari inviati per ucciderlo. Dopo che i killer riuscirono a bloccare la sua auto Rosario tentò una disperata fuga nella scarpata ma il commando lo raggiunse e, senza nessuna pietà, lo uccise barbaramente.
Sono passati esattamente trentadue anni da quel giorno ma l'esempio di vita di Rosario è più che mai vivido nel cuore di tante persone e la sua figura, fortunatamente, è sempre più conosciuta.
Il magistrato Livatino è stato chiamato l'incorruttibile perché non si è mai piegato alle logiche del potere e della corruzione, non accettando mai doni, ma si è impegnato con serietà, dedizione e con onestà per il bene della società e degli uomini dell'Italia intera.
Quante occasioni abbiamo noi oggi per essere corrotti! Egli ha saputo resistere con la forza che gli veniva dalla Fede e dalla sua integrità morale a tutte le corruzioni che si ponevano e si affacciavano davanti il suo cammino.
Perché trattare la sua figura a scuola è così importante?
Rosario Livatino, con il suo impegno incondizionato e la dedizione allo studio, l'aiuto elargito ai suoi compagni di scuola senza ostentare la sua bravura, il rispetto dei suoi insegnanti, la ricerca e il perseguimento tenace dei suoi nobili ideali può essere un bellissimo modello per i giovani e per tutti gli studenti della scuola italiana: la sua riservatezza, la sua umiltà, la coerenza per l'alta missione a cui era stato chiamato, la sua carità praticata nella vita concreta di ogni giorno sono ideali emulabili da parte di quei giovani che si incamminano sulla strada per la ricerca della Verità.
3/10/1952 - 21/09/1990
Giorno 23 dicembre 2020 alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia della beatificazione di Rosario Angelo Livatino, chiamato il giudice ragazzino anche perché ad appena ventisei anni era diventato magistrato.
Ma chi era Rosario?
Egli era nato a Canicattì il 3 ottobre 1952 da Vincenzo Livatino, avvocato e impiegato presso l'esattoria comunale e da Rosalia Corbo, casalinga. Rosario, figlio unico, nutrirà sempre un affetto e una dedizione speciale per i suoi genitori. Suo Padre, infatti, testimonierà che il figlio era "un angelo di nome e di fatto".
Aveva conseguito la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo di Canicattì, impegnandosi anche nell'Azione Cattolica. Nel 1971 si era iscritto presso la Facoltà di Giurisprudenza di Palermo, dove si era laureato cum laude nel 1975.
Nell'anno 1978 si compie nella sua vita una svolta poiché si realizza il sogno per cui aveva tanto lavorato e si era impegnato. Infatti, dopo aver superato il concorso, era riuscito a classificarsi tra i primi posti nella graduatoria per entrare nella magistratura italiana.
"La giustizia è compito non di pochi magistrati, ma di tanti".
(Rosario Livatino)
Il giorno in cui entrò in magistratura appuntò nella sua agenda queste parole:
"Oggi ho prestato giuramento: da oggi sono in magistratura.
Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l'educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige".(18 luglio 1978)
Il magistrato Livatino era un grande credente: da persona semplice, che non amava mettersi in mostra, incorruttibile, giusto e senza manie di protagonismo, è stato coerente e in grado di adempiere i propri doveri nella sua quotidianità.
Ogni mattina prima di recarsi in tribunale entrava nella chiesa di San Giuseppe di Agrigento, senza mai rivelare la sua identità, per pregare e affidare la propria giornata sotto la protezione di Dio. Infatti, il suo motto era "Sub Tutela Dei" (Sotto la tutela di Dio), che annotava sempre a conclusione dei suoi scritti nella sua agenda personale.
Anche lui, però, ha sperimentato la "notte oscura dell'anima" per poter discernere sul bene da compiere poiché "decidere è la cosa più difficile". Per ben due anni, infatti, non ha fatto la comunione, assalito da tanti interrogativi, per poi ritrovare la giusta serenità interiore.
Rosario Livatino ha saputo coniugare la propria fede con il lavoro che svolgeva quotidianamente: nella fedeltà ai suoi principi, nella sua capacità di sacrificio, nella moralità e trasparenza della sua condotta, nel luogo di lavoro e nella sua vita privata.
Egli non volle mai la scorta, per non mettere in pericolo "altri padri di famiglia" e guidava personalmente, per andare a lavoro, la sua piccola utilitaria, una Ford Fiesta di color amaranto. Di fronte ai suoi sicari pronunciò queste parole: "Picciotti, che cosa vi ho fatto?".
Salvatore Insenga, cugino del magistrato racconta:
"Non c'era differenza tra il ruolo di giudice e quello del cugino, era una persona seria e precisa, sia nel lavoro che nella vita affettiva e con i suoi genitori e i parenti era un uomo buono e accogliente. Era sempre pronto a mettere la buona parola, era un uomo di pace".
Livatino ripeteva:
"Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili".
L'Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, parlando della figura del giudice Rosario Livatino afferma:
"Il nostro luogo di lavoro può e deve diventare il luogo dove noi possiamo esprimere il culto della vita, di una vita di testimonianza e anche di servizio...".
Anche il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento commenta:
"Nella vita Livatino ha incarnato la beatitudine di quelli che hanno fame e sete della giustizia e che per essa sono perseguitati. Con una coscienza profondamente libera dall'asservimento e dai compromessi con i poteri forti di turno, caratterizzata da un'altissima levatura morale e da uno spiccato senso del dovere".
Rasario Livatino ha creduto nei valori cristiani e umani fino a dare la vita.
Oggi la nostra società contemporanea, sull'esempio del giudice Rosario Livatino, il quale era consapevole che "lo scegliere è una delle cose più difficili che l'uomo sia chiamato a fare", ha bisogno di "credenti credibili", che sappiano coniugare la loro vita di Fede alla professione che svolgono, illuminati e guidati dalla Parola di Dio.
Il magistrato Rosario Angelo Livatino, dunque, ha saputo coniugare Fede e Impegno Civile.
Le sue parole, ancora oggi, risuonano come un canto melodioso nella nostra società civile e la illuminano divenendo un fulgido esempio per tutti.
"Il compito dell'operatore del diritto, del magistrato, è quello di decidere; orbene, decidere è scegliere...
Ed è proprio in questo scegliere per decidere, decidere per ordinare, che il magistrato credente può trovare un rapporto con Dio. Un rapporto diretto, perché il rendere giustizia è realizzazione di sé, è preghiera, è dedizione di sé a Dio. Un rapporto indiretto per il tramite dell'amore verso la persona giudicata. Il magistrato non credente sostituirà il riferimento al trascendente con quello al corpo sociale, con un diverso senso ma con uguale impegno spirituale. Entrambi, però, credente e non credente, devono, nel momento del decidere, dimettere ogni vanità e soprattutto ogni superbia; devono avvertire tutto il peso del potere affidato alle loro mani, peso tanto più grande perché il potere è esercitato in libertà ed autonomia".
(Rosario Livatino, Conferenza tenuta il 30 Aprile 1986 a Canicattì)
Nella persona del Beato Rosario Livatino la Fede e l'Impegno Civile si fondono: in lui risaltano le virtù della giustizia, libertà, mitezza, sobrietà e fermezza.
Rosario Livatino è anche "l'uomo buono della porta accanto" (Papa Francesco), colui che sa rispettare, anche nel condannato o nel colpevole, la dignità della persona umana.
Uno dei sicari del giovane magistrato, che rimase a guardare dall'interno della macchina mentre Rosario Livatino cercava di fuggire nella scarpata prima di essere ucciso, ha testimoniato che, dopo il delitto, sognava il nuovo Beato tutte le notti, che gli chiedeva di pregare e di pentirsi.
Nel luogo dove è stato barbaramente ucciso Rosario Livatino sorge una stele dove, impresse in una lastra di marmo, si possono leggere queste parole: Magistrato martire per la giustizia.
Quando un giorno ci siamo recati in questo luogo abbiamo provato una grande emozione. L'esempio di questo uomo non può lasciare indifferenti!
Rosario Livatino, seppur con la sua giovane età, ha bruciato tutte le tappe raggiungendo la meta, la vetta della più alta santità.
La vista di questa stele richiama al cuore di colui che vede, di ogni uomo che passa da questa strada, il grande impegno del nostro nuovo Beato nella ricerca della verità e dei suoi ideali. Richiama tutti noi ad impegnarci, ogni giorno, credenti e non, nel ricercare e perseguire dei grandi ideali nella nostra vita. Per il Cristiano il salto di qualità è rappresentato dalla carità, dall'amore, che può essere esercitata in tutti gli ambiti della vita. Rosario Livatino ha fatto proprio questo: ha coniugato il suo lavoro, il suo Impegno Civile con la Fede e la Carità.
La camicia che indossava il magistrato il 21 settembre 1990, il giorno in cui venne ucciso lungo la strada statale 640 Caltanissetta - Agrigento.
Per approfondire:
Consigli per la lettura:
"Quanto mi accingo a scrivere vuole essere, più che una biografia, il ricordo di uno dei miei alunni migliori che, in modo mirabile, recepì e tradusse in vita il messaggio dei classici e, ancor più, quello cristiano. Rosario Livatino seppe coglierlo in pienezza, essendo, come pochi, capace di tradurre i capolavori per appropriarsene, per riascoltare nella loro lingua il timbro delle voci eterne, per farsi uno stile".
(Ida Abate, Il piccolo giudice, p. 21)
Ida Abate, per circa quarant'anni docente di lettere latine e greche al liceo classico "Ugo Foscolo" di Canicattì, ha avuto la singolare ventura di annoverare Livatino tra i suoi allievi. Ne ha raccolto, cercando di trasmetterla ai giovani in particolare, la nobilissima eredità di spirito. È morta il 24 luglio del 2017 ed è stata la prima biografa del giudice e anche Presidente dell'associazione "Amici del giudice Rosario Angelo Livatino".
Interessante e coinvolgente, di importante riflessione.
Lucia Culotta (29/10/2023)
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