Il "giudice ragazzino" sarà presto beato
di Anna C.©
redazione lettoriescrittori.it
Giorno 23 dicembre 2020 alcune testate giornalistiche hanno riportato la notizia della beatificazione di Rosario Livatino, chiamato il giudice ragazzino anche perché ad appena ventisei anni era diventato magistrato.
Ma chi era Rosario?
Il giorno in cui entrò in magistratura appuntò nella sua agenda queste parole: "Oggi ho prestato giuramento: da oggi sono in magistratura. Che Iddio mi accompagni e mi aiuti a rispettare il giuramento e a comportarmi nel modo che l'educazione, che i miei genitori mi hanno impartito, esige" (18 luglio 1978).
Il magistrato Livatino era un grande credente: da persona semplice, che non amava mettersi in mostra, incorruttibile, giusto e senza manie di protagonismo, è stato coerente e in grado di adempiere i propri doveri nella sua quotidianità.
Ogni mattina prima di recarsi in tribunale entrava nella chiesa di San Giuseppe per pregare e affidare la propria giornata sotto la protezione di Dio. Infatti, il suo motto era "Sub Tutela Dei" (Sotto la tutela di Dio), che annotava sempre a conclusione dei suoi scritti nella sua agenda personale.
Rosario Livatino ha saputo coniugare la propria fede con il lavoro che svolgeva quotidianamente: nella fedeltà ai suoi principi, nella sua capacità di sacrificio, nella moralità e trasparenza della sua condotta, nel luogo di lavoro e nella sua vita privata.
Egli non volle mai la scorta, per non mettere in pericolo "altri padri di famiglia" e guidava personalmente, per andare a lavoro, la sua piccola utilitaria, una Ford Fiesta rossa. Di fronte ai suoi sicari pronunciò queste parole: "Picciotti, che cosa vi ho fatto?".
Salvatore Insenga, cugino del magistrato racconta: "Non c'era differenza tra il ruolo di giudice e quello del cugino, era una persona seria e precisa, sia nel lavoro che nella vita affettiva e con i suoi genitori e i parenti era un uomo buono e accogliente. Era sempre pronto a mettere la buona parola, era un uomo di pace".
Livatino ripeteva: "Quando moriremo nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili".
L'Arcivescovo di Palermo, Corrado Lorefice, parlando della figura del giudice Rosario Livatino afferma: "Il nostro luogo di lavoro può e deve diventare il luogo dove noi possiamo esprimere il culto della vita, di una vita di testimonianza e anche di servizio...".
Anche il Cardinale Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento commenta: "Nella vita Livatino ha incarnato la beatitudine di quelli che hanno fame e sete della giustizia e che per essa sono perseguitati. Con una coscienza profondamente libera dall'asservimento e dai compromessi con i poteri forti di turno, caratterizzata da un'altissima levatura morale e da uno spiccato senso del dovere".
Rasario Livatino ha creduto nei valori cristiani e umani fino a dare la vita.