Sulla tomba di Giuseppe Tomasi di Lampedusa
Ricordare vuol dire riportare al cuore la memoria di una donna o di un uomo che hanno fatto la storia; ricordare la memoria di uno scrittore vuol dire riportare dall'oblio alla luce le parole di uno scritto che lo renderanno immortale.
La tomba dove riposa il corpo dello scrittore
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
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La mia mano destra accarezza il marmo che sovrasta il luogo dove sono sepolte le spoglie mortali di uno dei più grandi scrittori di ogni tempo.
I suoi resti sono stati portati in questo luogo, nel Pantheon di Palermo, la chiesa di San Domenico, da poco tempo.
La tomba è stata svelata proprio il 23 marzo di quest'anno, alla presenza delle autorità.
Sul lato frontale della tomba, in basso, si legge una frase:
"Nunc et in hora mortis nostrae. Amen".
Un tributo per uno scrittore che ha lasciato un segno indelebile nella storia della letteratura siciliana e mondiale.
Eppure il testo che, dopo la sua morte, lo ha reso celebre è stato rifiutato dalle più prestigiose Case editrici e solo nel 1958, dopo un anno dalla sua scomparsa, è stato pubblicato.
Stiamo parlando del "Gattopardo", scritto probabilmente dal nostro autore tra il 1954 e il 1956.
Solo dopo pochi anni il romanzo diventa un caso editoriale, un best seller che vende più di centomila copie e si colloca tra i grandi romanzi siciliani, insieme agli scritti di Verga fino ad arrivare a Pirandello.
Il Gattopardo è, potremmo dire, un romanzo dall'afflato storico che narra le vicende dal punto di vista sociale, politico ed economico della Sicilia che si trova a vivere quel delicato momento di passaggio tra il regime borbonico e l'Unità d'Italia.
Sono svariati i personaggi che si muovono all'interno della trama letteraria ma uno dei più importanti è sicuramente il Principe di Salina, Don Fabrizio, erede di un'antica famiglia feudale siciliana che si trova a fare i conti con i cambiamenti epocali di un nuovo regime di governo che si prospetta all'orizzonte.
"Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi".
Forse è questa una delle frasi più celebri del romanzo. Un'espressione che esprime l'arrivo di un nuovo mondo che sembra dimostrare che nulla debba cambiare.
Il Gattopardo, simbolo dell'antica famiglia nobiliare dei Salina, può resistere a tale cambiamento o deve essere inevitabilmente travolto dalla nuova struttura dell'Italia nascente?
Questa espressione, però, non è del Principe di Salina ma del nipote Tancredi. In una vivace discussione con il giovane, Don Fabrizio manifesta il suo scetticismo di fronte alla decisione del nipote di arruolarsi tra i garibaldini.
Tancredi ha le idee chiare perché, a suo dire, l'unico modo per mantenere e conservare le loro ricchezze e privilegi è quello di schierarsi nuovamente dalla parte di chi dovrà governare.
Palermitano di nascita, era nato il 23 dicembre del 1896, Giuseppe Tomasi di Lampedusa era di origini nobiliari: Duca di Palma, Principe di Lampedusa, Barone della Torretta e Grande di Spagna di prima classe.
Giuseppe Tomasi si trasferisce anche a Roma per intraprendere degli studi giuridici ma non conseguirà la laurea.
La sua vita è stata molto travagliata perché fu fatto prigioniero e condotto in Ungheria durante la prima Guerra mondiale. Successivamente riuscì a fuggire e ritornò in Italia a piedi.
Il 24 agosto del 1932 sposò Alexandra, baronessa von Wolff-Stomersee ma, a causa del forte carattere della madre del nostro scrittore, la giovane ritornò presto a casa sua, in Lettonia.
Dopo la morte della madre Giuseppe Tomasi di Lampedusa approfondì la sua passione letteraria coltivando una fruttuosa amicizia con alcuni giovani intellettuali.
Nel 1954 il nostro scrittore, insieme al cugino, Lucio Piccolo, si recò a San Pellegrino Terme dove assistette a un Concorso letterario. Qui conobbe anche Eugenio Montale e Maria Bellonci. Egli trasse da questa esperienza quasi uno stimolo per iniziare a scrivere l'opera che lo avrebbe portato al successo mondiale, il Gattopardo, terminato dopo due anni, nel 1956.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì il 23 luglio del 1957 a Roma. Nel 1959, due anni dopo dalla sua morte, il Gattopardo vinse il Premio Strega.
Nel 1963 il regista Luchino Visconti realizzerà una trasposizione cinematografica del romanzo che segnerà la storia del cinema e in cui sarà presente un cast d'eccezione: Burt Lancaster, Alain Delon, Claudia Cardinale, Paolo Stoppa, Rina Morelli.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (foto:web)
Dopo aver scattato qualche foto alla tomba del nostro caro scrittore riguardo quella frase:
"Nunc et in hora mortis nostrae. Amen"
È proprio con essa che inizia il romanzo del Gattopardo, "adesso e nell'ora della nostra morte", e cioè con la fine della recita del Santo Rosario e della preghiera dell'Ave Maria in lingua latina.
Ed è sempre con questa frase che si conclude la vita di uno dei più grandi scrittori della Letteratura mondiale, Giuseppe Tomasi di Lampedusa.
In questa piccola tomba è racchiuso il suo mistero; un mistero che accomuna tutti gli uomini, credenti e non credenti e cioè la vita e la morte.
Un poeta, uno scrittore, però, ci consegna delle pagine che rimangono come un ricordo indelebile di una trama letteraria che conserva, come la vita, il suo mistero.
Una preghiera sulla sua tomba e poi via…
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